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8 Comments
In un paese dove si garantiscono sempre meno i diritti dei lavoratori come il nostro, questa frase per categorie cosi’ “astruse” sembra una utopia:
“In base alla nuova legge, una delle più avanzate al mondo su questo tema, d’ora in poi il *sex work* sarà trattato come un qualsiasi altro lavoro che prevede dunque il riconoscimento di una serie di diritti: assicurazione sanitaria, pensione, congedo di maternità , giorni di malattia, ferie, disoccupazione, garanzie sulla retribuzione.”
Leggendo solo il titolo, senza aver aperto l’articolo, avevo numerose riserve. Dopo aver letto l’articolo invece penso che tutto sommato non sia male ne l’idea di base ne la sua realizzazione.
Mi pregusto il momento in cui, nel 2065, sarà implementata anche da noi.
Giusto, va regolamentato e vanno tassate. Anche se non ce le vedo a usare il POS
Il problema resta la libertà del lavoratore di denunciare gli abusi sul posto di lavoro, e questo è particolarmente vero nella prostituzione dove ci sono molte donne straniere extra-UE, che potrebbero essere tenute sotto ricatto con la minaccia di un rimpatrio, senza contare lo stigma generale che circonda la professione, per cui senza importanti garanzie di riservatezza per chi denuncia resta spinoso esporsi ad un potenziale circo mediatico.
Come sempre fare la legge è solo metà dell’opera, poi viene il difficile nell’applicarla. Chi vivrà vedrà .
Sperando non diventi:
“Blowjob is the only job”
CODICE ATECO 45.00.56 DISONESTE
Avevo idee molto liberali sulla prostituzione, fino a che non ho letto [“Not a choice, not a job”](https://janiceraymond.com/not-a-choice-not-a-job/) di [Janice G. Raymond](https://en.wikipedia.org/wiki/Janice_Raymond).
Il libro mi era stato consigliato da un redditor anonimo in un thread sul tema, tramite un commento semplicissimo “You should read Not a choice, not a job”. Pensai di ricambiare il commento almeno ricercando la sinossi del libro, ma in cuor mio già sapevo che non ero certo intenzionato a leggere le opinioni sulla prostituzione di qualche vecchio maschio evangelista o che altro. Rimasi sorpreso nello scoprire che l’autrice è una donna, femminista radicale. E così, comprai il libro per sfidare la mia posizione sul tema.
La mia posizione è stata stravolta.
Da allora lo consiglio vivamente a chiunque si interessi al tema. Non è un sermone morale: è una collezione di dati, opportunamente citati, particolarmente incentrati su paesi dove la prostituzione è stata legalizzata o dove il traffico umano è più florido. Tuttavia, nonostante l’impronta di ricerca del libro, l’autrice non trattiene anche osservazioni morali perché, come ella stessa dice nel libro, la volontà di ricercare un campo nasce necessariamente da un interesse intimo per esso. Ma queste considerazioni rimangono sempre nettamente delineate.
In conclusione: dal libro si evince che i paesi che hanno legalizzato la prostituzione non hanno minimamente contribuito alla tutela delle donne nel settore. Hanno semplicemente legalizzato i criminali che già vi operavano: le donne trafficate sono diventate dipendenti, i papponi sono diventati manager, e così via.
una delle società più avanzate del mondo, quanto sarebbe bello somigliarvi